Non mi è piaciuto molto
Mi dispiace davvero perchè ho visto che l'autrice, Mirya, si è anche iscritta al nostro Forum: spero solo che, come successo in altri casi, anche lei apprezzi la sincerità del mio commento come massima forma di rispetto.
Inoltre, a mio modo di vedere, c'è poco da preoccuparsi quando in realtà un giudizio negativo dipende più che altro da gusti personali: mi sembra che il libro sia piaciuto molto, sia qui sul Forum sia altrove, sicchè penso ci sia poco da rammaricarsi per un commento negativo.
Che poi io abbia riscontrato delle incongruenze oggettive perchè prescindono dai gusti personali può dipendere dall'essere portato a notarle di più in una fattispecie che non è conforme ai miei gusti o magari a tollerarle meno rispetto a chi ha apprezzato il romanzo e quindi vi passa sopra più facilmente.
La sensazione che ho a fine lettura è di "passo più lungo della gamba"
Uno dei pregi del libro è sicuramente lo stile, il saper scrivere in modo colto ma non eccessivamente altisonante: si magari ogni tanto vi indugia un po' troppo rendendo alcune conversazioni eccessivamente altisonanti e ricche di citazioni quando invece ti aspetteresti un confronto più "semplice", ma non è una caratteristica o "difetto" preponderante nel libro.
Anche i refusi di cui ho visto avete parlato sono davvero minimi: ora come ora non saprei indicare nemmeno dove ne ho scorti due o tre.
Altre terminologie magari non così diffuse mi hanno fatto sorridere invece, quindi non le ritengo un difetto: ad esempio la "buchetta" delle lettere che è un simpaticissimo mix tra cassetta della posta e buca delle lettere
Potrebbe essere anche un modo di dire locale, ma non ne sono sicuro: ho pensato a questa possibile spiegazione perchè, ai tempi dell'Università, conoscevo un ragazzo che veniva da un paese vicino Ferrara e ad esempio usava molto dire venerdì questo, invece di questo venerdì .
Espressione che ho trovato anche nel libro in un caso e che quindi mi ha strappato un sorriso al ricordo
Così come non poteva non strapparmi un sorriso il "mettimele nella buchetta" da parte di Chiara
Il "passo più lungo della gamba", quindi, riguarda più che altro i contenuti: ho avuto la sensazione che l'autrice volesse a tutti i costi scrivere un romance diverso dal solito, affrancarsi dai vari luoghi comuni del genere, una storia che fosse al tempo stesso di carne e di carta.
Ma non ci è riuscita, a mio modo di vedere
: forse proprio quel concetto di contrasto o possibile coesistenza tra la carne e la carta l'ha avvolta come una specie di ossessione dalla quale non è più riuscita a tirarsi fuori.
Concordo insomma con voi quando avete scritto che forse il concetto è stato ripetuto un po' troppe volte e usato come metro di paragone un po' per tutto l'arco del libro.
E' un po' il discorso sui pregi di forma e i difetti di contenuto del libro di cui ho parlato prima.
Nella sua personale versione del "questa è un'opera di fantasia" che si trova nelle pagine iniziali del libro, ho letto una frase ad effetto che chiudeva il tutto e che mi ha trovato totalmente ed entusiasticamente d'accordo :
"io consiglio di spendere meno tempo a ricercare la realtà in ciò che si legge, e più tempo a ricercare ciò che si legge nella realtà".
Una frase molto bella sia nella forma sia nei contenuti.
La mia delusione è stata rendermi conto che in fondo il libro cerca proprio di affrancarsi da quello che sembra possibile solo nei libri, senza riuscirci tra l'altro, a mio modo di vedere.
Quindi quella frase diventa appunto una bella forma priva di contenuto.
Il contenuto l'ho trovato altrove, in modo quasi sorprendente: ma sarà la chiusura del mio commento
Del personaggio di Chiara ho apprezzato l'ironia (tranne la battuta Gesù/Gegiù/Gepiù perchè la disegnavamo ai tempi delle elementari e non ho avuto più il coraggio di ripeterla da allora
).
Ho apprezzato il suo amore per la letteratura in generale e per il suo lavoro in particolare: soprattutto il suo rapporto con gli studenti in una professione troppo sottostimata (e sottopagata) per la sua importanza.
E non lo dico solo perchè ho una sorella professoressa che ha instaurato quel tipo di rapporto coi suoi studenti.
Per il resto non mi è piaciuto il suo carattere, l'incarnare la classica eroina dei romance classici che io definisco "romanzetti rosa" sposando per una volta il giudizio che molti danno su tutti i nostri amati romance...
Capisco l'attrazione ma non trovo concepibile lo stesso il cedere agli istinti solo per il sesso come mai si è fatto o il diventare creta nella mani di un uomo, ogni volta che ti tocca ma che ti tratta male e che tu disprezzi in gran parte.
Non mi son piaciute quindi le schermaglie di inizio libro.
Se il tutto fosse stato un semplice scontro dovuto al disprezzarsi nonostante l'attrazione fisica lo avrei capito: come insomma avviene successivamente.
Ma le battute sessuali sulle sue abitudini nel pub, la gelosia irrazionale mascherata da quelle battute ecc, son troppo da tipico romance classico per i miei gusti.
Fin qui siamo comunque nell'ambito dei gusti personali.
Le incongruenze oggettive le ho riscontrate invece nella nascita del sentimento: ma di cosa si innamora Chiara?
Avrei capito se quel qualcosa fosse nato durante la tregua in cui i due decidono di lavorare in modo professionale e basta, quando si mostra davvero "l'altro Leonardo" che la affascina .
"Tregua" che tra l'altro mi ha fatto riflettere: praticamente, invece di dedicargli chessò, uno o due capitoli, l'autrice racconta i momenti "felici" di pace tra i due a sprazzi, per episodi.
Quando è stato gentile, quando è stato premuroso, quando è stato autoironico, quando è stato divertente e così via.
Ci vedo cmq un senso e una scelta, magari, in tutto ciò
Non mi piace, beninteso, ma cmq ha un senso: se l'autrice si sente più a suo agio nelle situazioni tormentate tra i due protagonisti, nelle schermaglie e del tutto logico che releghi la parte "positiva" della relazione a una cronistoria degli episodi nell'ambito di un capitolo.
Tornando però al discorso sull'innamoramento di Chiara, lei inizia a parlare di sentimenti basandosi su un paio di premure che sono davvero poca cosa per giustificare il tutto.
Ho tenuto i capelli di amiche che vomitavano e mi son preso cura di loro in modo del tutto disinteressato dal punto di vista di una possibile relazione così come loro non erano interessate a me in tal senso.
Ho un'amica che non si disseta se non con l'acqua naturale quindi mi curo di avere anche quella oltre quella frizzante quando so che ad esempio a cena ci sarà anche lei.
Sono premure normali, insomma, in un semplice rapporto di amicizia normale: capisco che magari, se provengono da una persona dalla quale si è attratti, si tende a dargli un significato più profondo. Ma mi sembrano cmq troppo poco per basarci la nascita di un sentimento.
E Chiara di sentimento parla, anche se ne resta sorpresa lei stessa: quando si ritira in casa per giorni piangendo come se si trattasse della fine di un amore, afferma che in realtà sta piangendo per l'umiliazione dopo le parole di Leonardo sul togliersi lo sfizio andando a letto insieme.
Però poi parla di ferita ai suoi sentimenti, anche se appunto lei stessa si sorprende subito dopo.
Avrei capito insomma una sorta di sentimento nato in modo normale, per le premure continue di lui, il prendere le sue difese, i sacrifici fatti per stare con lei : ma son tutte cose che in realtà accadono successivamente e che vanno a fortificare un sentimento che l'autrice vuol far capire sia già nato ma non si capisce appunto da cosa sia nato.
Sentimento che l'autrice si premura di sottolineare spesso da quel momento in poi: ripete più volte che Chiara sia ormai innamorata fisicamente, caratterialmente totalmente di Leonardo.
Mi è sembrato un classico caso di
excusatio non petita, accusatio manifesta insomma: come se Mirya stessa sentisse dentro di sè che qualcosa non tornava nella nascita del sentimento di Chiara e volesse convincere il lettore e autoconvincere se stessa che ormai quel sentimento era nato.
O magari anche un qualcosa a livello inconscio che l'ha portata a ripetere più volte il concetto dell'avvenuto innamoramento di Chiara, non lo so...
Leonardo non mi è piaciuto se non nei momenti in cui si dimostra protettivo, premuroso con Chiara.
Ho già parlato nell'altro post del discorso della "falsa" narrazione in terza persona perchè cmq l'unico POV è quello di Chiara: secondo me avrebbe giovato al personaggio di Leonardo il poter leggere anche i suoi pensieri ed emozioni.
Avrebbe aiutato me a cercare una certa immedesimazione per capirlo meglio e non avere un giudizio così negativo su di lui.
Ma vedendolo attraverso gli occhi di Chiara che quadro ne viene fuori?...
E' viscido: e io i viscidi non li sopporto
Capisco che lui volesse in qualche modo allontanarla, distruggere la persona che aveva messo in discussione le sue certezze ( o meglio, non lo capisco, ma ci torno su dopo): ma perchè i doppi sensi sessuali? Il fissala per metterla a disagio?
Bastava denigrarla dal punto di vista professionale evitando questi mezzi da viscido.
Inoltre l'autrice ci passa su velocemente, ok, ma in realtà il fatto che debbano collaborare professionalmente e che lui sia cmq in una posizione di potere rispetto a lei accentua lo schifo per il suo comportamento.
Lui non influirà sulla valutazione finale ma resta il fatto che la posizione di potere c'è dovendo cmq indirizzare e approvare la sua tesi.
E anche per lui vale il discorso delle schermaglie nel periodo iniziale: che senso hanno, che senso ha quel modo di fare verso una persona che in realtà vorresti allontanare?
Assurdo poi, a mio modo di vedere, il grande mistero che sta dietro al suo comportamento
Cioè, fatemi capire: questo genio intellettuale stimato così tanto nel suo campo, pieno di riconoscimenti, invece di dimostrarsi uno che dovrebbe conoscere un po' il mondo, il confronto critico con chi ha una visione diversa dalla sua, essere pronto anche a mettere in discussione quelle certezze , quando si trova davanti una che appunto mette in crisi quelle certezze cosa fa?
Sclera, sclera come un pazzo decidendo che lui ha per forza ragione e che deve distruggere l'oggetto della sua crisi
Mi rivolgo alla mamma, tanto preoccupata come è normale che sia per i propri figli: cara Luisa Pallavicini, lei magari ha avuto una disavventura simile alla sua omonima Luigia nell'ode di Foscolo e, cadendo da cavallo,non si è sfigurata ma probabilmente ha battuto la testa.
Suo figlio è un deficiente, non c'è tanto da stare lì a scervellarsi: è vero che ogni scarafone è bello a mamma sua, ma qui semplicemente più che calore e ritorno alla vita, suo figlio sclera come un pazzo quando vengono messe in discussione le sue certezze.
Il discorso sul non credere nell'amore perfetto ma solo in una possibile felicità raggiunta in modo razionale è un gran segreto, una gran rivelazione che alla fine è in realtà un qualcosa di molto comune: lo dimostra anche il suo scetticismo sulla possibilità di sperare in un'unione di amore vero se si è avuta una famiglia problematica.
Tutto questo ha una sua spiegazione: è tutto molto relativo.
Ci saranno ragazzi cresciuti in famiglie felici che cercheranno quindi di ricreare quella stessa felicità e ragazzi cresciuti in famiglie di divorziati che cercheranno forse ancora di più la felicità di un'unione perchè non vogliono seguire l'esempio dei loro genitori o magari vogliono creare quel qualcosa che gli è mancato come famiglia.
Non capisco quindi il Leonardo della parte finale del romanzo: quello che sembra un ragazzino alle prese con l'amore che non ha mai provato sembra davvero più una caricatura che un vero personaggio.
Anche la grande rivelazione su quello che gli ha fatto cambiare idea vedendo Chiara la prima volta, non lo discuto nel merito ma nell'enfasi come se stesse per rivelare chissà cosa.
Tieniti forte Chiara, adesso ti rivelo una cosa incredibile, una cosa che ti lascerà a bocca aperta per la sua importanza
: ho cambiato idea quando ti ho visto perchè penso che tu sia bella e non l'ho mai pensato di nessuna.
Insomma non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace.
Ora: io condivido l'idea dell'autrice sulla validità della saggezza popolare, e forse quella in questione è una delle verità più grandi.
Ma tutta quell'enfasi per "non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace" ????
Dai su...
Il tutto ha cmq una sua spiegazione: non la capisco, ma ce l'ha.
E' quello che io chiamo il complesso di Maria de Filippi, di "Uomini e Donne"
Non si può mai generalizzare con concetti tipo le donne sono fatte così e gli uomini sono fatti così.
Ogni persona è fatta a suo modo: in circostanze identiche, persone diverse agiranno in modo uguale o magari diverso, dipende da come son fatte caratterialmente.
L'autrice invece insiste in continuazione col classico luogo comune che le donne si comportano tutte in un certo modo e gli uomini altrettanto.
Insomma modo di pensare, scelte e azioni in base all'appartenenza al genere maschile o femminile.
Io non discuto che in alcuni casi sia così, che magari facendo una media risultino più frequenti quei casi: discuto l'assolutezza del concetto.
Basterebbe dire, alcuni uomini, o alcune donne, o tanti uomini, o molte donne e le cose sarebbero diverse: ma dire gli uomini e le donne comprendendo tutto il genere no, è sbagliato.
E' uno dei luoghi comuni più diffusi, ok: se fai un discorso con l'uomo comune medio della strada ci son grandi possibilità che la pensi in quel modo.
Ma non lo capisco come modo di pensare di chi dovrebbe conoscere un po' il mondo, ha evidentemente una grande cultura che l'avrà sicuramente portata a contatto con diversi e vari modi di pensare.
Un po' il discorso che facevo su Leonardo insomma.
E da questo modo di pensare derivano una sorta di corollari tipo quello assurdo sull'anima gemella: crederci oppure no è un discorso più o meno valido.
Ma senza scomodare l'anima gemella, basta guardarsi intorno per capire che ci sono coppie più felici di altre: nella stragrande maggioranza dei casi bisogna insomma venirsi incontro per far funzionare le cose e alcuni evidentemente ci riescono meglio di altri.
Ma non è sempre così, non è una regola valida in assoluto solo perchè ricopre la stragrande maggioranza dei casi: io stesso purtroppo non ne ho esperienza personale ma conosco almeno una coppia di anime gemelle.
E non si tratta nè di gente che fa finta di esserlo davanti agli altri o per autoconvincersi di esserlo, nè di persone uguali e con gli stessi gusti.
Non ho capito in modo particolare questo concetto espresso dall'autrice per bocca di Chiara ad un certo punto: anime gemelle significa essere uguali e avere gli stessi gusti quindi sai che noia? Boh...
Non dico che magari non ci siano "anche" casi in cui due anime gemelle abbiano lo stesso carattere gli stessi gusti ecc... Ma, appunto, io non sono per l'assolutezza di questi concetti e trovo anzi molto più probabile che due persone siano anime gemelle proprio perchè molto diverse tra loro in modo da completarsi diciamo.
La storia d'amore che invece ho apprezzato e che trovo decisamente originale è quella parallela tra...
Aspetto che mi incuriosisce su un possibile romance "diverso" dell'autrice e che potrebbe decisamente piacermi: so che questo è andato bene e che quindi squadra che vince non si cambia.
Per non parlare delle caratteristiche proprie di un'autrice magari a suo agio con certe dinamiche.
Ciò non toglie che, ispirato dalla trama e aspettando magari qualche commento, sarei curioso di leggere un altro libro di Mirya
Mi son dilungato troppo ma ovviamente la mia non è una recensione ma un commento personale che dovevo spiegare in modo concreto: vi sono però debitore della chiusura di cui parlavo all'inizio.
L'idea del romanzo da dove nasce?
Dal dilemma tra carta e carne, la possibilità di trovare in carne e ossa i personaggi che si leggono nei libri, la razionalità contro l'istintività e tutto ciò che ne deriva.
Be, signore e signori, la risposta al dilemma sembra l'uovo di Colombo (giusto per citare la stessa Mirya
) una volta conosciuta.
Ma la diede ben tre anni fa la nostra Lapis Lazuli, che di romance ne ha letti decisamente tanti per passione o per lavoro.
Lascio a lei la parola:
CITAZIONE (Lapis Lazuli @ 9/6/2011, 20:47)
CITAZIONE (MARINA007 @ 9/6/2011, 02:25)
Negli Usa il romance è stato accusato di ”mettere le donne sotto anestesia”, facendo perdere loro il senso della realtà, illudendole di poter trovare un Principe Azzurro che non esisterà mai nella vita reale; di farle vivere situazioni irreali e di conseguenza di desiderare l’impossibile.
Non so se sia vero in qualche caso...
So solo che io ho passato tutta l'adolescenza e prima età adulta a sognare di uomini che non esistevano e a innamorarmi di personaggi di carta che non avevano nulla di reale, poi un giorno ho conosciuto LUI, il mio compagno... e da allora c'è un po' di LUI in ogni romance che leggo. E di volta in volta lui si trasforma in highlander, guerriero, vampiro, demone, licantropo, libertino, cow-boy, sciupafemmine o ragazzo della porta accanto a seconda delle mie letture. Non è nessuno di questi eroi e allo stesso tempo ai miei occhi è un po' di tutti.
Sono io anestetizzata dai romance o che sia l'amore che mi anestetizza?
Non penso occorra aggiungere altro, punto.