Visto
L'esorcista - Il credenteCon la BlumHouse come casa di produzione e la firma del regista e sceneggiatore David Gordon Green, trattandosi di un altro horror cult, era logico aspettarsi un'operazione simile a quella che ha prodotto la recente trilogia sequel di
Halloween. Se lì l'operazione, almeno all'inizio, ha portato discreti risultati poi affievolitisi un po' con gli ultimi film, qui siamo di fronte ad un qualcosa che già nel primo capitolo della prevista trilogia non convince del tutto.
Il film prova a destreggiarsi tra omaggi nonchè legami col capolavoro del da poco scomparso William Friedkin (l'unico al quale si ricollega direttamente facendo quindi piazza pulita di tutti i successivi sequel), e la ricerca di una propria identità magari più in linea coi tempi moderni. Sotto il primo aspetto, sono apprezzabili tanto alcuni rimandi "concreti" (vedi uso improprio di un crocifisso e tipo di morte di una delle "vittime dell'esorcismo"), quanto le interpretazioni delle due giovani protagoniste che si vede come abbiano studiato la performance di Linda Blair.
Se il ritorno della novantenne Ellen Burstyn nel ruolo della madre di Regan non può essere paragonato a quello che è stato fatto riportando Jamie Lee Curtis nell'operazione sequel di
Halloween (la madre di Regan non era davvero protagonista di quel film dove, come si sottolinea anche in questo, non assiste nemmeno all'esorcismo della figlia), la presenza della doppia protagonista è già indice di quella voglia di identità propria. All'eventuale critica del politicamente corretto come unico motivo alla base della decisione (una delle due ragazze è afroamericana), il film risponde cercando di rendere funzionale la presenza di questa dualità, per così dire. Fin dal prologo si impone il concetto di scelta ed è dunque facile cogliere un certo parallelismo con quanto accade alla fine (magari prevedibile ma tutto sommato "giusto" e che inoltre sfrutta bene il concetto del diavolo da sempre dipinto come ingannatore dalla religione). Il film originale rispondeva alla domanda sul perchè della possessione di una innocente come Regan parlando del male in generale che vuole rendere orrendo tutto ciò che c'è di puro provocando disperazione e sofferenza nelle menti degli uomini incapaci di comprendere. Qui c'è magari meno filosofia su ciò che provoca la possessione (una specie di seduta spiritica finita male), ma non si spiega in alcun modo il discorso del doppio, ad esempio.
Ma ciò che lascia davvero perplessi è il taglio corale e in un certo senso sociale che si è voluto dare al film, cercando appunto di replicare quanto fatto con la trilogia sequel di
Halloween. Quello che lì più o meno funzionava, qui lascia parecchio a desiderare perchè la parte più debole del film appare proprio quella dove nell'esorcismo si tenta di mescolare fedi, "credo" e relativi riti religiosi diversi.
Al netto di qualche jump scare di troppo, un po' marchio di fabbrica della Blumhouse, risulta invece apprezzabile la messa in scena in generale così come la performance delle due giovani protagoniste (make-up eccellente) e l'utilizzo del motivo musicale originale (giusto un po' rivisitato). Meno convincente la prova degli altri personaggi, dove probabilmente il problema è anche un po' il mancato approfondimento degli stessi che pure presentano tratti interessanti (in qualche modo hanno tutti avuto esperienze negative con la fede). La stessa Ellen Burstyn alla fine è poco più che un cameo ma resta funzionale tanto alla trama quanto al colpo di scena finale: questo è magari un po' "telefonato", sia per come una certa questione viene affrontata nel film, sia se si è a conoscenza della lavorazione sul set. Ma resta cmq apprezzabile anche in vista degli altri due capitoli previsti (il secondo, intitolato
The Exorcist: Deceiver, dovrebbe uscire nelle sale nell'aprile del 2025).