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Visto I Cavalieri dello zodiaco
Trasposizione cinematografica in live action del manga e anime di Masami Kurumada, segue la formula già usata per la serie animata distribuita da Netflix nel 2019. Siamo dunque di fronte ad un adattamento almeno inizialmente abbastanza fedele all'originale, ma che se ne discosta per una sorta di taglio più "occidentale" che si riflette anche nella scelta del cast. Che si mostri solo una parte della storia e anche dei vari cavalieri protagonisti può essere letto sia in chiave di sviluppo di una trama futura per una vera e propria saga di film, sia tenendo presente che il titolo della saga in originale è Saint Seya ed è quindi normale che ci si concentri più che altro sul protagonista per quella che in fondo è la sua origin story. In un classico duello tra bene e male, il concept strizza l'occhio ai cinecomics occidentali trasformando anche la natura di alcuni personaggi a iniziare dalla banda di cattivi, più criminali che cavalieri oscuri. Piuttosto tipica, invece, tutta la parte introspettiva dedicata al protagonista e alla sua presa di coscienza di essere un eroe e cosa ciò comporti in termini di sacrificio. Da un punto di vista formale la dose action è ben presente e i relativi combattimenti, al netto di qualche lungaggine di troppo, sono ben coreografati come ormai impone il modello attuale. Il film sembra però presentare il problema che affligge un po' tutte le produzioni live action dei manga: il tratto dei disegni originali è così particolare che difficilmente si riesce a renderlo "dal vero". E' ad esempio evidente nel design dei costumi e armature che, come si dice in rete ormai da tempo, procurano un fastidioso "effetto cosplay" (sembra insomma di vedere dei fan ad una convention fumettistica più che i personaggi di cui si è letto e seguito le avventure in tv). Il concept più occidentale che orientale si manifesta fin dalla scelta del cast con un paio di nomi che suggeriscono qualche riflessione, parallelismo e curiosità. E' il caso di Famke Janssen, la cui presenza richiama un po' i toni dei film sugli X-Men di Bryan Singer: lì interpretava Jean Grey, alias Fenice; in questo film si scontra con un personaggio chiamato Phoenix. Pur restando ancora piuttosto irriconoscibile dopo i disastrosi interventi di chirurgia plastica che hanno rovinato una delle donne secondo me più belle, sembra che sia riuscita almeno un po' a porvi rimedio (ma credo che fotografia e inquadrature ad hoc abbiano il loro "merito"): resta tuttavia un ironico parallelo come nel film cerchi di aumentare il suo potere tramite trasfusione, così come la frase dove dice di aver smesso da tempo di lottare contro il proprio corpo... Anche su Sean Bean e le ironie che circolano in rete sul destino dei personaggi da lui interpretati ci sarebbe da dire, ma già questo è spoiler... |