…ove si esplora il labile confine tra l’avventuriera e il mignot**ne Ok, non ce la faccio proprio a scrivere un commento serio su questo romanzo. Ma non perché non lo meriti in quanto tale. Se dovessi dare un giudizio “serio”, dovei dire che si tratta di un prodotto di ottima qualità, davvero ben scritto, con personaggi e scenari così ben delineati da avere l’impressione, durante la lettura, di “vederne il film”. Certo, difficilmente lo si potrebbe definire un romance in senso stretto.
Ma veniamo al “mio” giudizio, personalissimo, individualissimo, assolutamente basato su ciò che mi piace e ciò che non mi piace leggere.
Una tortura.
Ribadisco, non perché il romanzo risulti pesante o non avvincente, tutt’altro. Il vero, grande, problema è che raramente mi sono trovata a sentirmi così disturbata nella lettura dal mio stesso rimuginare, che, diciamo, alla fine risultava anche un po’ monotono, giacché il contenuto dei commenti che continuavano a salirmi sulla punta della lingua era sostanzialmente identico: “Che put…!” “Che zoc…!”, “Che tro…!”, “Che mign…” (più altre fantasiose varianti all’interno del medesimo campo semantico).
Che poi, in realtà, ero preparata. Sapevo che la protagonista non era appena uscita da un educandato delle Orsoline, ma una donna di mondo, possiamo anche dire un’avventuriera. Clem era stata chiara su questo punto. Ormai lo sapete, normalmente preferisco le eroine un po’ più “morigerate” e quindi ho tentennato non poco prima di decidermi a leggerlo. Poi il commento positivo di Clem mi ha incuriosita e, visto che la trama mi intrigava e dell’autrice avevo già letto un romanzo che non mi era dispiaciuto (“Mistero al castello”), mi sono buttata.
Specifico tutto questo perché avevo deciso di accettare che la protagonista avesse un “passato”. Ma non avevo considerato che dovesse avere anche un “presente”!
Non penso di dover mettere questa informazione sotto spoiler (a me sarebbe stata molto utile!), anche perché non entrerò in dettagli, ma se siete lettrici assolutamente allergiche alle anticipazioni fermatevi qui.
Ho trovato estremamente disturbante che Delilah avesse rapporti sessuali con altri, non solo dopo aver conosciuto il protagonista, ma anche dopo essere…ehm…entrata in intimità con lui.
E poi, francamente, questa storia dell’anestesia emotiva in seguito a traumi come scusante per un comportamento libertino…mah… Insomma, a questa povera ragazza ricca, che ha deciso di non affezionarsi a niente e a nessuno e vive nel più sfrenato edonismo, dandola via “come se non fosse la sua”, ma che però, in fondo in fondo, è tanto buona e tanto generosa, avrei con piacere sbattuto la testa contro un baobab. Tanto più che il protagonista, Ryder, un manzo di tutto rispetto, affascinante all’ennesima potenza (con tanto di orecchino da pirata!), intrepido, sensibile e disponibile, avrebbe meritato una più degna compagna.
Ah, ho parlato della libertà di costumi di Delilah, ma non aspettatevi chissà quali scene hot: anzi, dal quel punto di vista, “Africa, mon amour” è anche fin troppo casto.
In definitiva, il romanzo non è male e, se su certe cose riuscite tranquillamente a passar sopra, posso anche consigliarlo. Ma se cercate un romance “classico” o, semplicemente, non avete voglia di interrogarvi sul perché la protagonista non abbia ancora, miracolosamente, beccato la sifilide, passate pure oltre