| Affibbiare alla Harmon un genere è peccato mortale. NA o romance è troppo riduttivo, perché la Harmon è narrativa e questo libro ne è l’ennesima prova. Non si parla solo di una storia d’amore, ma è un viaggio on the road che parte da Boston e finisce a Los Angeles, percorrendo un’immaginaria Route 66 dove al posto di droga, sesso e alcool, si consumano ricordi, vecchi rancori e si abbandona il proprio passato come fosse l’involucro di una crisalide.
Bonnie e Clayde (o Finn) non potrebbero essere più diversi di così: se una è pazza, estroversa e emotiva, l’altro è ponderato, schematico e tranquillo. La Harmon gioca con le discordanze e le ambiguità, affiancando ai nostri eroi i loro omonimi, quei Bonnie e Clayde che negli anni '30 terrorizzarono l’America rapinando banche e uccidendo poliziotti.
A volte è stato come leggere una fiaba. Avete presente quelle in cui l’eroe percorre a cavallo boschi e vallate e lungo il suo percorso incontra e aiuta personaggi che poi torneranno utili per salvare la principessa? Anche i nostri protagonisti incapperanno in predicatori con capelli rasta, famiglie povere abbandonate sul ciglio della strada, bambini che obbligano a confrontarsi con il passato.
Bonnie e Clayde Ogni miglio percorso coincide con un passo verso la libertà e la salvezza dagli altri e da loro stessi. Formule matematiche che non sono altro che metafore della vita. Teoremi che spiegano un passato fatto di sacrifici, rimorsi e vecchie ferite. Paradossi che rendono possibile l’impossibile. E una storia d’amore che non ha bisogno di teorie per essere spiegata. Si manifesta nei gesti, negli sguardi, nelle intenzioni non confessate, nelle promesse trattenute e in quelle gridate e sussurrate. L’amore che viene predetto da un cartone scarabocchiato e dalle farneticazioni di un pazzo predicatore che potrebbe essere Dio. Che si rivela attraverso un sogno troppo reale per essere solo una visione.
Lo stile della Harmon è semplicemente perfetto, evocativo nei concetti, semplice eppure raffinato nello forma. Le mie cinque stelle sono date dall’interezza del romanzo, che mi ha emozionato soprattutto nelle ultime cento pagine, quando il ritmo si è fatto serrato e gli eventi sono, per così dire, precipitati. La partenza e lo sviluppo iniziale sono stati un po’ lenti, forse appesantiti da un numero eccessivo di elucubrazioni e pensieri filosofici. Passaggi necessari per giungere al punto cruciale che mi ha ripagato con gli interessi.
Un romanzo di formazione e di crescita interiore, una storia d’amore dolcissima e struggente, un altro capolavoro capace di far emozionare e riflettere.
«Quanto fa infinito più uno?» sussurrò Bonnie e baciò la bocca seriosa di Finn. E lui risposte con il cuore anziché con la testa. «Dopotutto non fa infinito. Non nemmeno due. Fa uno, Bonnie Rae. Lo hai detto anche tu. Tu e io? Siamo due metà di un intero. Siamo uno.»
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